Ruggeri Angelo

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Angelo Ruggeri è nato nel 1944 a Formello, vive e lavora a Collazzone. “Io sono principalmente scrittore e ho cominciato a dipingere con lo scopo di illustrare i miei libri , come si faceva  nel medioevo al tempo delle origini della pittura italiana. In quel tempo non soltanto si abbellivano i libri con miniature preziose ma anche quando si dipingeva nelle chiese, lo si faceva con lo scopo di raccontare storie sacre ad un popolo che spesso non sapeva leggere. E così sono nati i  cicli pittorici di Giotto ad Assisi e a Padova che hanno fatto scuola e ad essi ne sono seguiti molti altri come la Storia del ritrovamento della Croce di Piero della Francesca ad Arezzo e anche la Cappella Sistina di Michelangelo a Roma. Dicendo ciò non  voglio  pormi come emulo di tali maestri, ormai inarrivabili, ma più semplicemente affermare il principio dell’unità della varie arti , principio  che oggi viene messo in dubbio, più dai critici che dagli artisti. Oggi si ammira nel quadro più l’aspetto estetico  e coloristico che quello dell’idea che l’artista ha voluto esprimere. Io non metto in dubbio che la critica estetica abbia il suo valore e che non bastino una generosa idea e un nobile proposito per creare un’opera d’arte, perché  spesso succede che le opere celebrative artisticamente riescano malissimo, ma io penso che, oltre alla forma,  abbia importanza  il contenuto, cioè il pensiero o il sentimento che l’artista ha voluto manifestare ed è importante  che tra la forma e il pensiero ci sia corrispondenza. Tutti oggi sono d’accordo sulla grandezza dell’arte del Caravaggio ma pochi vanno a vedere dove sta questa grandezza, quali idee egli abbia voluto esprimere coi suoi quadri, e quindi pochi li capiscono pur rimanendo ammirati dalla loro forza drammatica. Eppure  proprio per quelle idee e per la gelosia che la sua grandezza suscitava, la sua vita fu quasi una continua fuga da un luogo all’altro e la sua morte fu tragica. La pittura  moderna ha scelto vie diverse e oggi si guarda di più all’aspetto figurativo e coloristico del quadro, però la grande tradizione pittorica italiana è legata alla concezione di Giotto, che non per caso fu amico di Dante. E, a mio parere, sia Giotto che Dante presero ispirazione , oltre che dalla Bibbia e dai Vangeli, da Ovidio e Virgilio, ed anche dai Dialoghi di Socrate narrati nei Memorabili di Senofonte, libro che oggi pochi conoscono ma forse ispirò anche il Cantico delle Creature di San Francesco. Io dunque ho tentato di associare alla pittura il racconto e la poesia, cioè con la  poesia ho voluto commentare la pittura e viceversa. La mia pittura è dunque del genere narrativo: racconta fatti presi dalla vita reale o dagli antichi miti, come faceva Dante nella sua Commedia, anche se trasfigurati dalla fantasia, ed ho usato miei dipinti come pagine di copertina per alcuni miei libri. Non illustrerò tutti i miei quadri spiegandone il significato, cioè dicendo con parole ciò che  avevo in mente mentre dipingevo, perché l’artista deve sempre lasciare libertà di giudizio  all’osservatore o lettore: spesso il significato profondo dell’opera sfugge allo stesso autore,  perché  nella sua creazione concorre l’inconscio. Giustamente si dice che l’opera d’arte, per le emozioni che essa suscita, appartiene per metà all’autore e per l’altra metà a chi l’osserva che può trovarvi significati ignoti all’artista. L’esperienza di vita e lavoro in Africa, anche per le vicende drammatiche che l’hanno segnata, ha contribuito a mutare il mio carattere e fortemente influenzato la mia arte, sia nella pittura che  nella scrittura, imprimendovi una nota di pessimismo che non era connaturato in me e che io stesso giudicavo eccessiva, ma oggi mi sembra giustificata da quello che sta accadendo nel mondo”. 

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