Panariello Giuseppe

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Giuseppe Panariello nasce a Napoli nel 1951. Compie gli studi nella stessa città diplomandosi nel 1969 all’Istituto Statale d’Arte, nella sezione Decorazione Pittorica e nel 1973 all’Accademia Di Belle Arti nella sezione Pittura. Successivamente nel 1977 consegue il Diploma di Maturità di arte Applicata all’Istituto Statale D’Arte di Avellino nella sezione Disegnatori di architettura e Arredamento. Vive e lavora a Villaricca (NA). Piuttosto resistente alle esercitazioni scolastiche, egli avvertiva, già allora, il bisogno di una più intima ricerca, poi sviluppata negli anni successivi. La lunga carriera è segnata da una continua ricerca tecnica e stilistica, che lo porta a creare vari cicli pittorici, che si succedono a distanza quasi ravvicinata. Verso la fine degli anni ’80 decide, senza un perché apparente, di abbandonare il colore per definire meglio la sua appartenenza allo stile “informale – astratto” e per cogliere l’armonia misteriosa dell’anima. Agli inizi degli anni ’90 con la personale “Fermacarte” presenta opere di scultura alla galleria Enzo Esposito articontemporanee di Napoli. Poi, è la volta della personale “Senzacoloranti”, alla galleria ARTEXARTE di Villaricca, quasi un inno alla forza rappresentativa del colore nero grafite. Ama il nero che, con la sua purezza e capacità di creare emozioni e sensazioni, tocca ogni essere umano che può recepire – e segnala che: “il nero è una tremenda sorgente di forma, unisce al mistero la potenza”. La sua personale “Lo strappo nel cielo di carta”, alla galleria storica La Parete di Napoli, è stata un invito a ripensare a riflettere su una nuova appartenenza, un deciso allontanamento dall’effimero quotidiano. La ricerca che il creativo partenopeo conduce da decenni, infatti, non è uno sperimentalismo volto al nuovo, in quanto estroso e bizzarro, un esercizio di stile fine a se stesso, insomma, piuttosto si rivela un modo di vivere e concepire l’esperienza artistica in quanto lavoro sui materiali e affinamento delle tecniche come mezzi per portare alla luce il messaggio, occasione di reperire il linguaggio più congeniale a sé, proprio come un musicista che non indulga al facile virtuosismo tecnico, ma insegua la melodia più equilibrata, armoniosa e completa. Tale operazione Panariello la compie con consapevolezza matura, scientemente abdicando a un processo di sottrazione il cui esito è una composizione elegante ed essenziale, traghettando quegli stessi materiali puri, originari e, perché no, poveri verso una nobilitazione che li fa assurgere a strumenti espressivi e comunicativi. È proprio questo l’hic et nunc in cui il significante si ricompone perfettamente col significato. La materia, ricondotta a nuova vita e ruolo, diviene non solo manifestazione del segno, ma ancor più dell’idea e dei contenuti. adroid