Bruno Benatti

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6.0

Nato a Guastalla (RE), il Maestro Bruno Benatti si forma a Modena, Bologna e Firenze, città nelle quali si dedica alla ricerca grafico-pubblicitaria e al manifesto informativo-culturale. In particolare, l’ambiente fiorentino determina l’interesse per il murales come elemento integrante dell’architettura. A seguito dell’alluvione del 1966, Benatti ha l’occasione di studiare le opere esposte in mostra da Siqueiros, giunto a Firenze per dare il proprio sostegno ai giovani “angeli del Fango” e alla città d’arte pesantemente danneggiata. In questo periodo, così come negli anni successivi, opere come i murales, la “Libreria di Sassuolo”, i quadri sulle lotte operaie e le nature morte sono accomunate dalla presenza del giornale, vero e proprio elemento descrittivo e concettuale, che permette a Benatti di esprimere in una forma nuova e non convenzionale la sua attenzione verso i problemi della società. “La lettura del giornale è la preghiera laica del mattino” (Friedrich Hegel). Un momento importante per la vita artistica di Benatti è la mostra personale organizzata presso l’Istituto Italiano di Cultura di Monaco di Baviera. Il maestro successivamente segue le attività lavorative legate al mare e alla pesca, che ispirano le sue opere. Un altro aspetto analizzato dall’artista è quello della figura della donna, rappresentata in modo “ironico” come Madonna. Le opere di questo periodo sono spesso ispirate dal movimento artistico Liberty, come nel dipinto “Piacere di volare – [Windsurf]”. La ricerca estetico-concettuale prosegue con i murales di 1500 metri quadri del cimitero di San Benedetto del Tronto, realizzata attraverso le tecniche della sculto-pittura e del trompe-l-oeil. Quest’opera rappresenta la massima sintesi dei temi affrontati da Benatti: il mare, il paesaggio e una laica “sacralità”. Negli ultimi anni egli ha maturato un nuovo interesse, legato alla Body Art, corrente artistica diffusasi negli Stati Uniti e in Europa negli anni Settanta. L’artista emiliano ha dunque realizzato una serie di opere utilizzando veri e propri manichini, che sono poi stati opportunamente modificati per assecondare le sue esigenze artistiche. La scelta di adoperare manichini non è per nulla casuale: il Maestro li rappresenta infatti, con ironia, come simbolo del capitalismo e del consumismo.